Zuccheri, cosa sono e perché vanno limitati
Cosa sono gli zuccheri, quali alimenti li contengono e perché viene fortemente raccomandato di limitarne il consumo anche nelle persone che non soffrono di diabete.
Zuccheri: cosa sono
Gli zuccheri sono nutrienti che appartengono alla grande famiglia dei carboidrati, che a sua volta includono zuccheri semplici e zuccheri complessi.
Quando parliamo di zuccheri ci riferiamo agli zuccheri semplici, quindi principalmente a monosaccaridi e disaccaridi, caratterizzati da un sapore dolce.
Dove si trovano gli zuccheri? Sicuramente nello zucchero bianco e nello zucchero di canna, ma anche nel miele, nel latte, negli sciroppi dolci come lo sciroppo di agave, nella frutta e nei succhi di frutta e in molti prodotti confezionati sia dolci che salati.
I monosaccaridi comprendono infatti glucosio, fruttosio e galattosio, molecole base che compongono i disaccaridi come il saccarosio, lo zucchero che si usa in cucina, il maltosio e il lattosio, lo zucchero presente nel latte. In particolare il saccarosio è formato da fruttosio e glucosio, il maltosio da due molecole di glucosio e il lattosio da galattosio e glucosio.
Quando consumiamo un alimento o una bevanda che contiene zuccheri semplici, questi vengono assorbiti rapidamente all’interno dell’intestino; prima di essere assorbiti, i disaccaridi vengono scissi nelle due molecole base che li compongono.
I monosaccaridi assorbiti a livello intestinale diffondono nel sangue e arrivano al fegato per poi raggiungere tutti i tessuti del corpo; i monosaccaridi come il galattosio e il fruttosio vengono convertiti in glucosio nel fegato prima di essere immessi nella circolazione sanguigna.
Dopo un pasto si verifica quindi un aumento della glicemia che stimola il pancreas a rilasciare insulina, ormone che consente ai tessuti di utilizzare il glucosio “prelevandolo” dalla circolazione ematica.
Il ruolo dei carboidrati nella dieta è strutturale e soprattutto energetico, perché una volta che il glucosio entra nelle cellule può essere ossidato per produrre energia. L’insulina inoltre stimola la sintesi di glicogeno, grassi e proteine.
I carboidrati sono quindi fondamentali per l’alimentazione e per questo dovrebbero fornire oltre il 50% del nostro fabbisogno calorico quotidiano. Questo vale però per i carboidrati complessi come l’amido contenuto nei cereali e nelle patate e non per gli zuccheri semplici, che invece andrebbero limitati: vediamo perché.
Perché vanno limitati
Il motivo per cui le linee guida nazionali e internazionali per l’alimentazione raccomandano di limitare gli zuccheri è legato alla risposta del nostro corpo in seguito alla loro assunzione. Quando consumiamo zuccheri semplici liberi, questi sono infatti rapidamente disponibili per l’assorbimento, quindi entrano velocemente nella circolazione sanguigna.
Questo comporta un rapido picco glicemico, cioè un innalzamento della glicemia, e un altrettanto rapida azione dell’insulina deputata a “rimuovere” il glucosio nel sangue per ristabilire l’equilibrio. In seguito all’azione massiccia dell’insulina, il picco glicemico ematico cala bruscamente in un breve periodo di tempo.
Le conseguenze a breve termine di questo meccanismo portano ad avere fame poche ore dopo aver consumato un alimento o una bevanda ricca di zuccheri liberi e dunque ad assumere di nuovo cibo, portando a un maggiore introito calorico nella giornata e a un aumento di peso nel tempo. Inoltre, nel lungo periodo si verifica una resistenza all’azione dell’insulina portando a un innalzamento costante dei livelli di glucosio nel sangue anche a digiuno, quindi a sviluppare diabete mellito di tipo due.
Inoltre, una dieta ricca di zuccheri liberi può incrementare anche il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari a causa dell’aumento di peso e dell’alterazione del metabolismo dei grassi.
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Quanti zuccheri al giorno
Gli zuccheri semplici, mono e disaccaridi, non dovrebbero superare il 10-15% del fabbisogno energetico totale. Per fare un esempio, chi segue una dieta che fornisce 2000 calorie al giorno, non dovrebbe consumare più di 50-75 grammi di zucchero al giorno. Facendo la proporzione, ognuno può calcolare qual è il limite da non superare in relazione al proprio fabbisogno energetico quotidiano.
Gli zuccheri però non sono tutti uguali: il loro impatto sulla glicemia e le loro conseguenze sulla salute dipendono dalla natura dell’alimento. Gli zuccheri contenuti nella frutta, ad esempio, non hanno lo stesso impatto degli zuccheri presenti nel succo di frutta, nella frutta frullata, nel miele o negli sciroppi dolci.
Questo perché in un alimento vegetale come la frutta, gli zuccheri semplici non sono liberi ma presenti una matrice alimentare ricca di fibre. La presenza di fibra insolubile e solubile nei vegetali presenta almeno due vantaggi: in primo luogo rende meno accessibili gli zuccheri agli enzimi digestivi, riducendone fisicamente l’accessibilità, e in secondo luogo ne rallentano l’assorbimento intestinale. La fibra che arriva nell’intestino, infatti, non viene digerita ma permane all’interno del lume, regolando l’assorbimento di altri nutrienti come zuccheri e grassi.
Il risultato è un ridotto picco glicemico dopo i pasti, che protegge il corpo dai rischi visti in precedenza favorendo il senso di sazietà più a lungo e riducendo la secrezione di insulina e le oscillazioni di glicemia ematica. In conseguenza a ciò, si assumeranno meno calorie, si faciliterà il controllo del peso corporeo e si ridurrà il rischio di sviluppare insulino resistenza e diabete mellito di tipo due.
Inserire frutta nella propria dieta abituale non comporta quindi nessun rischio per la salute: al contrario, la frutta fornisce acqua, fibre, vitamine, minerali e sostanze antiossidanti benefiche per la salute. Allo stesso modo, una dieta sana e bilanciata deve contenere carboidrati complessi come l’amido delle patate e quello contenuto nei cereali come riso, grano, orzo e farro, meglio se integrali poiché più ricchi di fibre.
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ATTENZIONE: Le informazioni contenute nel presente articolo hanno esclusivamente scopo informativo, in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento, e non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.